LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 828/G del registro di segreteria, proposto da Marino Isabella - rappresentata e difesa per procura a margine dell'atto di ricorso dagli avv.ti A. Zingales ed A. Salvia e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliata in Potenza - avverso il decreto n. 1417825 del 12 aprile 1986 del Ministero del tesoro; Uditi, nella pubblica udienza del 27 febbraio 1997, il relatore consigliere dott. Michele Oricchio nonche' il dott. Michele Fornario, per l'amministrazione resistente e l'avv. Salvio per la ricorrente; Visti tutti gli atti e i documenti di causa; Con l'assistenza del segretario Alessio A. Baldacconi; Premesso in fatto Con atto di ricorso pervenuto alla segreteria delle sezioni speciali per le pensioni di guerra l'8 agosto 1989, Marino Isabella adiva questa Corte dei conti deducendo di volere impugnare, nella sua qualita' di vedova di Brienza Michele - gia' titolare di trattamento pensionistico di guerra di 7 ctg. a vita - il decreto del Ministero del tesoro n. 1417825 del 12 aprile 1986 con il quale si confermava la settima categoria di pensione senza ritenere rilevanti, ai fini dell'intervenuto decesso del Brienza, le patologie che in vita gli erano state riconosciute come dipendenti da causa di servizio di guerra e che avevano portato alla concessione del vitalizio e cioe' la "epatocolecistopatia cronica" e la "psoriasi diffusa complicata in alcune zone da eczema con verosimili disturbi subiettivi". La ricorrente lamentava, invece, come il proprio congiunto fosse deceduto il 9 marzo 1984 a seguito di "epatopatia e cardiopatia ischemica, insufficienza cardiorespiratoria, arresto cardiaco" e, dunque, anche in conseguenza dell'infermita' "epatopatia" riconosciuta come contratta a causa di guerra ed in particolare della prigionia in India cui il Brienza era stata sottoposto fra il 1941 ed il 1946. Dolendosi del fatto che il Ministero del tesoro aveva rigettato l'istanza di piu' favorevole trattamento pensionistico per non avere dato adeguata importanza all'influenza dell'epatopatia sul decesso del marito, la Marino Isabella si era vista costretta ad adire vie legali per ivi sentire accertare la legittimita' della propria richiesta. Allegava al ricorso copiosa documentazione medica. Dopo la formalita' di rito il fascicolo processuale de quo veniva trasmesso alla procura generale, all'epoca competente per l'istruzione di tali giudizi: questa provvedeva ad acquisire ufficialmente ulteriore documentazione medica, relativa in particolare ad un ricovero subito dal Brienza nell'aprile/maggio 1980 presso la clinica ortopedica dell'Universita' di Bari. Intervenuta, nelle more del giudizio, la legge n. 19/1994, l'intero incarto processuale veniva trasmesso a questa sezione regionale ove perveniva pure tempestiva istanza di prosecuzione del giudizio da parte della ricorrente. Fissata la discussione del giudizio per l'udienza del 7 marzo 1996 veniva depositata dalla ricorrente memoria illustrativa, per patrocinio dell'avv. Zingales, nonche' consulenza tecnica di parte a firma della dott.ssa R. Castrica, attraverso i quali atti ulteriormente si argomentava, anche sotto il profilo squisitamente tecnico, circa l'interdipendenza fra le infermita' gia' riconosciute dipendenti da causa di guerra (epatopatia e psoriasi diffusa), e la cardiopatia ischemica che aveva condotto a morte il Brienza. Si concludeva pertanto per l'accoglimento del ricorso ed, in via gradata, per l'espletamento di un incombente istruttorio sul caso da parte di un idoneo organo di consulenza medico-legale. La sezione, all'esito, emetteva ordinanza istruttoria con cui disponeva acquisirsi sul punto parere del C.M.L. del Ministero della difesa. Pervenuta la relativa perizia veniva fissata l'odierna udienza di discussione in prossimita' della quale l'avvocato della ricorrente depositava ulteriori memorie ed allegata c.t.p. con cui contestava le conclusioni cui era giunto l'organo di consulenza. In sede di discussione finale l'avvocato della ricorrente nel riportarsi ai propri scritti chiedeva l'accoglimento del ricorso ed, in subordine, nuova consulenza tecnica da espletarsi secondo le modalita' di cui all'art. 445 del c.p.c. per salvaguardare le garanzie del contraddittorio e della imparzialita' del C.T.U. ed evidenziando che, ove cio' non fosse possibile in base alla legislazione vigente per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, la stessa dovesse - sul punto - ritenersi incostituzionale e quindi essere rimessa al giudizio dell'Alta Corte. Il rappresentante del Ministero del tesoro concludeva per il rigetto del ricorso; il Collegio si riservava ogni decisione. Osserva in diritto 1. - Ritiene il Collegio che la presente controversia non sia ancora matura per la decisione definitiva necessitando di un ulteriore approfondimento istruttorio volto ad accertare la effettiva riconducibilita' al servizio prestato in guerra dal marito della ricorrente delle patologie che lo hanno condotto a morte. Tale necessita' e' resa palese alla luce dello scarno parere espresso in proposito dall'interpellato C.M.L. le cui conclusioni negative sono state confutate con dovizia di argomentazioni medico-legali da memorie e consulenze tecniche di parte. La stessa ricorrente, nel chiedere ulteriori approfondimenti istruttori sul punto, ha espressamente richiamato, circa le modalita' di espletamento degli stessi, l'art. 445 del c.p.c. - con le relative garanzie procedimentali - segnalando che, ove cio' non fosse possibile in base alla legislazione vigente per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, la stessa dovrebbe essere sul punto rimessa all'Alta Corte per il relativo giudizio di costituzionalita'. Il Collegio, come gia' anticipato, condivide la necessita' di ulteriori accertamenti medico-legali da identificarsi nell'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio e, di conseguenza, viene chiamato a decidere sulla preliminare questione dell'ammissibilita' del chiesto mezzo istruttorio: la materia e' regolata dal combinato disposto di cui agli artt. 1, comma terzo, della legge n. 19/1994 e dall'art. 2, comma secondo, della legge n. 658/1984 dalla cui interpretazione sistematica si evince, senza alcun ragionevole dubbio, che nei giudizi in materia pensionistica attribuiti dalla legge alla giurisdizione della Corte dei conti, le competenti sezioni giurisdizionali "possono richiedere agli ospedali civili o militari aventi sede nella regione, i pareri medico-legali e l'esecuzione di visite dirette ai fini dei necessari accertamenti in ordine alle infermita' denunciate dai ricorrenti". La presenza di tale normativa speciale e posteriore, per monolitica giurisprudenza di questa Corte, esclude l'operativita' del meccanismo previsto dall'art. 26 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 (recante il regolamento di procedura) che testualmente detta: "Nei procedimenti contenziosi di competenza della Corte dei conti si osservano le norme ed i termini della procedura civile in quanto siano applicabili e non siano modificati dalle disposizioni del presente regolamento". L'esistenza di una regolamentazione speciale della materia, anche in applicazione dei canoni interpretativi di cui all'art. 12 delle c.d. "preleggi", rende dunque inapplicabile, nei giudizi pensionistici devoluti a questa giurisdizione, il meccanismo dell'invocato art. 445 del codice di procedura civile che testualmente recita "nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali od assistenziali che richiedano accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o piu' consulenti tecnici scelti in appositi albi, ai sensi dell'art. 424. Nei casi di particolare complessita' il termine di cui all'art. 424 puo' essere prorogato fino a sessanta giorni". Di tale inapplicabilita' si duole appunto la ricorrente e, questa sezione, chiamata a valutare la compatibilita' delle richiamate disposizioni speciali con la Costituzione, ritiene piu' che fondati i dubbi espressi in proposito che anzi fa propri investendo d'ufficio la Corte costituzionale per una pronuncia risolutrice. 2. - Prima di affrontare la questione nei suoi numerosi aspetti, occorre ancora tornare sulla valutazione della rilevanza della stessa in relazione al giudizio in corso: la sussistenza di tale condizione certamente non puo' essere revocata in dubbio. Si e' gia' detto, infatti, che con la domanda della Marino la Corte e' stata chiamata a giudicare sull'esistenza di un nesso di causalita' fra le malattie contratte in guerra dal marito della ricorrente e quelle che lo hanno condotto a morte: orbene trattasi di questione squisitamente tecnica in cui questo giudice, senza con cio' voler minimamente abdicare al suo ruolo di peritus peritorum, ha neccesita' di far compiere accertamenti tecnici di natura medico-legale tali da metterlo nelle condizioni migliori per decidere l'insorta controversia. Fin qui si sono acquisiti, in base alla normativa vigente, dei pareri che pero', vuoi per la sinteticita' degli stessi, vuoi per le contestazioni mosse dalla parte con proprie consulenze, devono considerarsi insoddisfacenti ed insufficienti a supportare una decisione definitiva della controversia. Ci si trova dunque certamente di fronte alla necessita' di disporre nuovi accertamenti tecnici che la stessa Marino ha indicato nell'espletamento di una C.T.U. secondo le formalita' e con le garanzie previste dal codice di procedura civile per le analoghe controversie devolute all'A.G.O. La Corte pero', pur condividendo tale richiesta, allo stato attuale della legislazione non potrebbe che respingerla e procedere tutt'al piu' a richiedere un nuovo parere medico ad organi facenti in definitiva capo alla p.a. secondo le modalita' di cui agli artt. 1, comma terzo, legge n. 19/1994 e 2, comma secondo, della legge n. 658/1984 o, addirittura, secondo quanto previsto dall'art. 2, legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (istitutivo di una sezione del collegio medico legale presso la sede centrale della Corte) o dalla legge 11 marzo 1926, n. 416 (nuove disposizioni da seguirsi negli accertamenti medico-legali...) in combinato disposto con l'art. 178 del t.u. in materia di pensioni civili e militari dei dipendenti dello Stato (pareri del Ministero della sanita' e del C.M.L. del Ministero della difesa). Tutte le disposizioni appena richiamate prevedono, infatti, esclusivamente la possibilita' di richiedere "pareri" e la legge del 1984 (istitutiva della sezione regionale sarda e richiamata dalla legge n. 19/1994, attuante il pieno decentramento della Corte) ha innovato solo offrendo la facolta' (onde e' usato il verbo "possono") di chiedere pareri a strutture civili o militari aventi sede nella regione, invece che al collegio medico legale (nelle sue varie composizioni) avente sede in Roma. L'impossibilita' di disporre di consulenze tecniche di ufficio nelle controversie pensionistiche devolute alla giurisdizione della Corte dei conti e' anche confermata a contrario dal tenore letterale dell'art. 2 della legge n. 19/1994 che, intitolato al pubblico ministero presso la Corte dei conti, nella parte finale dell'ultimo comma prevedendo per la prima volta la consulenza tecnica come mezzo di prova testualmente recita: "la Corte dei conti, per l'esercizio delle sue attribuzioni puo'... avvalersi di consulenti tecnici nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 73 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271". Ora, a prescindere dall'atecnicismo legislativo in quanto in un articolo dedicato all'organo inquirente si parla poi di quello giudicante, ai argomenta agevolmente come tale disposizione possa al piu' applicarsi ai soli giudizi di responsabilita': infatti essa e' inserita in un articolo della legge n. 19/1994 dedicato al pubblico ministero che, ai sensi dell'art. 6, comma sesto, della medesima legge di riforma non ha piu' competenze in materia pensionistica. Inoltre in un giudizio di parti, quale si e' venuto vieppiu' configurando quello pensionistico dopo le recenti leggi di riforma, non e' concepibile un'attivita' officiosa del giudicante nella ricerca della prova che, divenuta eccezionale anche nel processo penale (vedasi artt. 507 e 508 c.p.p.) puo' essere concepibile solo in un giudizio sincadatorio ed inquisitorio quale ancora si configura quello di responsabilita' in virtu' della sua funzione di tutela dell'interesse pubblico all'integrita' dell'erario. Ne' deve indurre in errore la definizione del chiesto mezzo istruttorio come "consulenza tecnica d'ufficio", in quanto con essa non si intende dire che viene disposta d'ufficio dal giudice (civile) ma che e' ammessa dall'ufficio del giudice su richiesta della parte interessata, che provvede anche all'anticipazione delle relative spese (cfr. artt. 61, 187, comma quarto, e 191 c.p.c.). Ovviamente la scelta e la nomina del consulente da parte del giudice conferiscono ufficialita' all'incarico ed il consulente diviene un ausiliario tecnico del magistrato imparziale rispetto alle parti in causa, donde la profonda differenza con il consulente di parte e la sua definizione di "consulente tecnico d'ufficio". Inoltre ulteriore conferma del fatto che, allo stato attuale della legislazione applicabile ai giudizi innanzi alla Corte dei conti, la consulenza tecnica e' prevista per la sola materia della responsabilita' e' data, oltreche' dalla presenza nella legge n. 19/1994 di norme specifiche in tema di contenzioso pensionistico che non ne fanno cenno (quod voluit dixit, quod noluit facuit), anche e soprattutto dall'indicazione - contenuta alla fine del comma quattro dell'art. 2 della citata legge - delle modalita' di liquidazione dei compensi ai consulenti tecnici cosi' nominati che e' mutuata, con espresso richiamo, dalle norme di attuazione e coordinamento del nuovo codice di procedura penale che prevedono l'accollo dei relativi oneri allo Stato attraverso emissioni di mandati di pagamento riscuotibili presso gli uffici del registro territorialmente competenti. Con la norma in esame siamo, dunque, assolutamente fuori dalla logica del processo di parti, quale e' divenuto quello pensionistico dopo la riforma del 1994, per cui va affermata la sua inapplicabilita' allo stesso con conseguente conferma della impossibilita' - allo stato - di disporre la chiesta consulenza tecnica. Di qui l'evidente rilevanza e pregiudizialita' della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio in corso. 3. - Il combinato disposto di cui agli artt. 1, comma terzo, legge n. 19/1994 e 2, comma secondo, della legge n. 658/1984 appare dunque contrastante nell'ordine con gli artt. 3, comma primo; 24, commi primo e secondo, 97, commi primo e secondo, 108, secondo comma e 113 della Costituzione. 4. - Piu' pregnante appare comunque la censura di illegittimita' costituzionale della normativa citata in relazione agli artt. 24, commi primo e secondo, e 113, che sembra preferibile trattare per prima. Il citato art. 24 afferma, infatti, che tutti possono agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e che la difesa e' inviolabile in ogni stato e grado del giudizio, mentre il successivo art. 113, commi primo e secondo, non consente alcuna limitazione alla tutela giurisdizionale di diritti ed interessi legittimi. E' indubbio, ad avviso del collegio, che la normativa vigente in tema di accertamenti tecnici nei giudizi pensionistici devoluti alla giurisdizione contabile violi in maniera patente tali principi: innanzitutto gia' la dizione utilizzata di "pareri" richiama alla mente piu' una procedura amministrativa che giurisdizionale: essa rientra in quell'attivita' di apprezzamento e consultiva che un organo solitamente collegiale e' chiamato a svolgere in funzione ausiliaria e preparatoria dei provvedimenti dell'amministrazione attiva. Del resto l'utilizzo del sistema dei "pareri", per i giudizi pensionistici dinnanzi alla Corte dei conti ha una sua giustificazione storica, quando la Corte aveva funzioni di amministrazione attiva in tale materia (vedasi la sezione liquidatrice) e i procedimenti innanzi ad essa erano di incerta natura giurisdizionale con la presenza di un pubblico ministero, deputato a dare un impulso istruttorio al processo pensionistico, a supplire alla carenza di attivita' delle parti e a garantire l'applicazione oggettiva delle leggi in materia. Restituito finalmente alla giurisdizione contenziosa a parti contrapposte, con le richiamate leggi di riforma, il processo pensionistico innanzi alla Corte dei conti non puo' piu' subire le limitazioni di una procedura anacronistica, e, fra queste, quella relativa agli accertamenti tecnici. Ma ancora di piu' non le puo' subire la parte ricorrente che altrimenti si vede lesa nei suoi diritti costituzionalmente garantiti: il sistema dei pareri medici, atteggiandosi quasi come atto interno al procedimento, non garantisce minimamente il diritto di difesa sancito come principio fondamentale della Costituzione dall'art. 24 e ribadito dal successivo art. 113, per cio' che attiene alla tutela giurisdizionale innanzi ai giudizi amministrativi. Come ha insegnato la consolidata giurisprudenza costituzionale sul punto, tale diritto va inteso nel senso piu' ampio, come diritto al contraddittorio, all'assistenza tecnica in ogni fase del processo, alla partecipazione all'attivita' istruttoria necessaria ai fini della decisione della controversia, insomma ad un "giusto" processo. Nulla di tutto cio' accade nel processo pensionistico devoluto alla Corte dei conti quando si richiede un parere medico-legale: tutta la procedura di garanzia prevista dagli artt. 61/64 e 191/201 del codice di procedura civile (che attua il diritto di difesa in materia di consulenze tecniche) e' sconosciuta o, comunque, pretermessa. Specie ove non vi e' bisogno di visite dirette, la parte ricorrente finisce per conoscere il parere solo dopo che e' stato reso e depositato nel fascicolo processuale, senza possibilita' di partecipare alle relative operazioni con proprio consulente di fiducia, senza possibilita' di porre quesiti, fare obiezioni, chiedere chiarimenti. Se poi il parere e' richiesto ai c.d. "organi medici superiori" con sede in Roma (ai sensi della risalente normativa innanzi citata e mai abrogata) il diritto di difesa e' ulteriormente compresso in via di fatto dalla circostanza di doversi eventualmente recare a Roma per la tutela dei propri diritti: circostanza particolarmente gravosa (anche economicamente) ove si ponga attenzione al fatto che trattasi di materia previdenziale. Tale ultima possibilita' comporta poi autentiche diseconomie con il conseguente allungamento dei tempi processuali cosi' spesso stigmatizzato anche dalla stampa nazionale| Tutto cio' pone il ricorrente in uno stato di "minorata difesa" incompatibile con i principi costituzionali innanzi richiamati. 5. - Ne risulta pero' anche una violazione dell'art. 108 della Costituzione nella parte in cui prevede che debbano essere assicurate l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali e... degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia: infatti il sistema dei pareri medici da richiedersi a "strutture civili o militari aventi sede nella regione" vincola la liberta' del giudice di scegliere i propri consulenti restringendola ad una cerchia limitata di organi amministrativi spesso priva del requisito della terzieta': vedasi l'ipotesi del parere su di una pensione militare o di guerra da richiedersi a struttura ospedaliera militare, facente capo cioe' alla stessa amministrazione che e' parte resistente nel relativo giudizio, ovvero alla struttura civile il cui specialista di settore abbia gia' tenuto in cura il ricorrente che ne ha allegato certificazioni. 6. - Il sistema dei pareri, cosi' come regolato da ultimo dal combinato disposto di cui agli artt. 1, terzo comma, della legge n. 19/1994 e 2, secondo comma, legge n. 658/1984, oltre a risultare di difficile attuazione in una regione piccola, come la Basilicata, in cui non vi sono ospedali militari e vi e' una sola struttura civile completa di tutte le specializzazioni, appare anche violare il principio dell'efficienza e del buon andamento della p.a. e della determinazione della sfera di competenza e delle attribuzioni dei relativi uffici di cui all'art. 97 della Costituzione: infatti specie per le strutture civili, ma anche per quelle militari, viene a crearsi una soggezione alle richieste di pareri provenienti dalla Corte non giustificabile dalla particolarita' delle connesse esigenze istruttorie che finisce per gravare tali organi di competenze improprie. In particolare il ricorso alle strutture sanitarie civili distoglie i medici richiesti dei pareri dalle funzioni loro proprie, quali definite dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, sottraendoli - in orario di lavoro -, ai compiti che sono loro peculiari e afferiscono all'assistenza e cura della salute dei cittadini, con cio' potendo contribuire al cattivo funzionamento del sistema sanitario. 7. - Infine, sotto altro profilo, la normativa in questione indubbiamente determina una diffusa disparita' di trattamento tra soggetti che versano nella medesima situazione giuridica, in dispregio a quanto previsto dall'art. 3 della Costituzione. Infatti, nel mentre un soggetto che fa valere in giudizio un preteso diritto previdenziale conseguente ad un'invalidita' che si assume contratta durante un rapporto di lavoro di diritto privato puo' adire il giudice ordinario in caso di controversia sul punto richiedendo l'espletamento di una consulenza tecnica volta ad accertare le sue condizioni di salute nelle forme e con le garanzie del codice di rito civile (espressamente cio' essendo previsto dall'art. 445) un cittadino pubblico dipendente (civile o militare) che si ritenga egualmente meritevole di pensione privilegiata a seguito dell'asserita contrazione di malattie invalidanti per causa di servizio, nell'adire il proprio giudice naturale, cioe' la Corte dei conti, si vede precludere del tutto il sistema delle consulenze tecniche, dovendo soggiacere ad un'istruttoria della controversia basata su pareri provenienti da organi di consulenza medico-legale che, oltre a non godere spesso della fiducia del giudicante, sono anche emanazione della pubblica amministrazione, che e' parte resistente nel giudizio dallo stesso istaurato, con conseguente stravolgimento dei principi fondamentali che sorreggono l'attivita' giurisdizionale. Questa evidente disparita' di trattamento su di un punto cosi' rilevante non trova alcuna valida giustificazione nel diverso riparto di giurisdizione, trattandosi invero di identiche controversie: tanto piu' che la giurisdizione, quale funzione pubblica, e' considerata unitariamente dalla Costituzione (quantomeno relativamente ai principi e alle garanzie) e, in attuazione di essa, dalla legislazione specie piu' recente; tanto piu' nella materia del lavoro e della previdenza in cui vi e' una sostanziale equiparazione di impiego pubblico e privato (vedasi decreto legislativo n. 29/1993 nonche' legge n. 335/1995). Non puo' infatti revocarsi in dubbio che l'art. 3 della Costituzione impone al legislatore di garantire - come condizione essenziale di un ordinato svolgimento della vita sociale nei suoi vari aspetti - la par condicio tra tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico, talche' nessuno di essi possa venire a trovarsi - senza una valida giustificazione fondata su presupposti logici obiettivi, i quali razionalmente ne giustificano l'adozione - in posizione deteriore o privilegiata rispetto agli altri (cosi': Corte costituzionale, sentenza n. 7 del 16 febbraio 1963). Nel caso di esame i cittadini che sono parte in controversie pensionistiche devolute alla giurisdizione contabile si trovano certamente in una situazione di irragionevole disparita' di trattamento nei confronti di quelli aventi identiche controversie devolute all'A.G.O relativamente ad un aspetto essenziale, quale la possibilita' - riconosciuta solo a questi ultimi - di fare accertare il proprio stato di salute o invalidante attraverso il ricorso a consulenze tecniche affidate ad esperti medico-legali di fiducia del magistrato e scelti fra gli iscritti negli appositi albi, il tutto in base alle disposizioni del codice di rito civile. 8. - Alla luce delle censure mosse e di tutte le suesposte considerazioni questo giudice ritiene non solo rilevante, ma anche non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale del combinato disposto di cui all'art. 1, terzo comma, della legge n. 19/1994 e all'art. 2, secondo comma, della legge n. 658/1984 nella parte in cui implicitamente esclude l'utilizzo del mezzo della consulenza tecnica di cui all'art. 445 del c.p.c. ai fini dei necessari accertamenti in ordine alle infermita' denunciate dai ricorrenti nei giudizi in materia pensionistica devoluti alla Corte dei conti.